Discussione:
Le 'cappelle' di Aquisgrana - n. 32
(troppo vecchio per rispondere)
Piero F.
2005-07-28 09:22:19 UTC
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Mi ero occupato largamente, nelle ultime confutazioni, della "teoria" che
riguarda la "Francia" e la "Nuova Roma": e credo di aver dimostrato, ad
abundantiam, non solo la ridicolaggine della tesi carnevalesca, ma anche le
precise ragioni della sua inconsistenza.
Vediamo ora come Carnevale strombazzi ai quattro venti che la "tradizione
popolare italiana" perpetuava il ricordo di quei nomi e di quei fatti, ma,
non trovando nulla a sostegno della sua sbruffonata, si aggrappi a un oscuro
ed ermetico Fioretto di San Francesco, nel quale egli CREDE di ravvisare
qualche indizio a suo favore. E' comunque tipico del suo procedimento
mentale il ricercare in testi di fantasia le "prove" che gli vengono negate
da testi storici (si veda la sua predilezione per Notker, per Angilberto e
altri affabulatori). Eh, ma nemmeno stavolta riesce a passarla liscia...


IL PICENO E' LA CULLA DELLA LINGUA FRANCESE?
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32. Ancora dopo il Mille la tradizione popolare italiana continuava a
chiamare "Francia" il Piceno: la madre di S. Francesco (1181-1226) veniva
dalla "Francia", il padre Bernardone andava spesso da Assisi in Francia per
vendervi stoffe; per ragioni di commercio vi si recava con Francesco (Fonti
francescane, Editrici Francescane, Padova- Assisi 1980 p.1956), il quale era
in grado di esprimersi in "francese" senza avere mai attraversato le Alpi.
Inoltre è interessante citare il contenuto di un episodio dei Fioretti, il
XIII, in cui si narra che S. Francesco si recò con frate Masseo a Roma , in
Francia, e andò a pregare nella chiesa di S. Pietro. Eccone i passi
salienti:
«Francesco con frate Masseo per compagno, prese il cammino verso la
provincia di Francia. E pervenendo un dì a una villa assai affamati,
andarono, secondo la Regola, mendicando del pane per l' amor di Dio.Fatta
orazione e presa la refezione corporale di questi pezzi di pane e di quella
acqua, si levarono per camminare in Francia.Giunsono a Roma ed entrarono
nella chiesa di santo Pietro, e santo Francesco si puose in orazione. Il
Fioretto si conclude raccontando che san Francesco in Francia, in San
Pietro, fu assicurato dagli apostoli Pietro e Paolo che Dio concedeva a lui
e ai suoi seguaci il tesoro della santissima povertà. Dopo di che pieni di
letizia determinarono di tornare nella valle di Spulito, lasciando l'andare
in Francia".È evidente che si tratta della Francia e della Roma picene,
testimoni, con i loro recenti, eloquenti ruderi, che tutto è vanitas
vanitatum. I Fioretti nacquero nel Piceno. Dall'implicito confronto tra la
povertà evangelica e 'Roma' in Francia, già Urbs aurea in comitatu Camerino,
ora in totale rovina, derivava che vero, indistruttibile tesoro era la
povertà di Francesco»
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Se ora mi soffermerò sulla vita di un santo, non è per devozione religiosa,
ma perché Carnevale tende a spacciare per "fonti storiche" un coacervo di
leggende agiografiche, anche piuttosto tarde.
Le Fonti Francescane citate sono consultabili anche in rete presso il sito
ufficiale della Basilica di Assisi
(www.sanfrancescoassisi.org/index.php?lang=ita > San Francesco > Le fonti
francescane biografiche), e, da quelle, poco o nulla emerge dell'infanzia
del santo.

Cronologicamente, la prima biografia è la "Vita prima di San Francesco d'
Assisi", che il francescano abruzzese Tommaso da Celano (c. 1190 / c. 1260)
compilò tra il 1228 e l'inizio del 1229, seguita da una più tarda "Vita
seconda" (1246/47) che fra' Tommaso compilò in seguito all'ingiunzione,
fatta dal Capitolo generale di Genova del 1244, «di scrivere i fatti e
persino le parole» di Francesco, e non già di limitarsi ai «signa et
prodigia».
Tuttavia, entrambe queste tempestive biografie vennero condannate alla
distruzione dal capitolo di Parigi del 1266, nel tentativo di stroncare
un'ormai incontrollabile fiorire di leggende agiografiche apocrife. Ma copie
di quei manoscritti sopravvissero ugualmente, e furono riscoperte nel XVIII
secolo.
La biografia "ufficiale" e autorizzata di San Francesco, rimase per secoli
quella commissionata a Bonaventura di Bagnoregio, detta "Leggenda maggiore".
Incaricato dal Capitolo generale di Narbona del 1260, Bonaventura presentava
la sua opera al successivo Capitolo generale di Pisa del 1263, riscuotendo
un «successo» che gli verrà confermato nel Capitolo generale di Parigi del
1266, allorché si decretò la distruzione di tutte le precedenti biografie
per fare spazio alla sola "Leggenda maggiore" (così chiamata perché esiste
una "Leggenda minore", più breve, composta ad uso corale).
Esiste poi una cosiddetta "Leggenda dei tre compagni", datata (con qualche
dubbio) 1246, che sfuggì alla "censura" dell'epoca, e che completa il
trittico classico delle fonti biografiche duecentesche.
Ebbene, quelle fonti, pur essendo quasi contemporanee a Francesco, liquidano
molto in fretta l'infanzia e la giovinezza del santo.

Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco d'Assisi:
«1. Viveva ad Assisi, nella valle spoletana, un uomo di nome Francesco. Dai
genitori ricevette fin dalla infanzia una cattiva educazione, ispirata alle
vanità del mondo. Imitando i loro esempi, egli stesso divenne ancor più
leggero e vanitoso.»

Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco d'Assisi:
«3. Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla
divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse
più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo
aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall'acqua e dallo Spirito Santo,
da figlio d'ira era divenuto figlio della grazia.
Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per
così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe,
come privilegio, di una certa somiglianza con l'antica santa Elisabetta, sia
per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i
vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d'animo e
l'integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: «Cosa
pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti
diverrà figlio di Dio».

San Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore:
«1. Vi fu, nella città di Assisi, un uomo di nome Francesco, la cui memoria
è in benedizione, perché Dio, nella Sua bontà, lo prevenne con benedizioni
straordinarie e lo sottrasse, nella sua clemenza, ai pericoli della vita
presente e, nella sua generosità, lo colmò con i doni della grazia celeste.
Nell'età giovanile, crebbe tra le vanità dei vani figli degli uomini.
Dopo un'istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del
commercio.»

San Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda minore:
«Nato nella città di Assisi, dalle parti della valle di Spoleto, egli
dapprima fu chiamato Giovanni dalla madre; poi, Francesco, dal padre: e
certo egli tenne, quanto al suono, il nome imposto dal padre, ma, quanto al
significato, realizzò quello del nome imposto dalla madre.
Durante l'età giovanile fu allevato nelle vanità, in mezzo ai vani figli
degli uomini, e, dopo un'istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa
attività del commercio: eppure, per l'assistenza e la protezione divina, non
seguì gli istinti sfrenati della carne, benché in mezzo a giovani
licenziosi, e, benché in mezzo a mercanti tesi al guadagno, non ripose la
sua speranza nel danaro e nei tesori.»

Leggenda dei tre compagni:
«2. Francesco fu oriundo di Assisi, nella valle di Spoleto. Nacque durante
un'assenza del padre, e la madre gli mise nome Giovanni; ma, tornato il
padre dal suo viaggio in Francia, cominciò a chiamare Francesco il suo
figlio.»

Tutto qui. Tuttavia, nelle moderne versioni della vita di Francesco
d'Assisi, si leggono notizie sulla sua infanzia, che evidentemente non
derivano da quelle primissime biografie.

«Francesco nasce ad Assisi nell'inverno del 1182 da Pietro di Bernardone e
Madonna Pica, una delle famiglie più agiate della città.
Il padre commerciava in spezie e stoffe. La nascita di Francesco lo coglie
lontano da Assisi, mentre era in Provenza, occupato nella sua professione.
La madre scelse il nome di Giovanni, nome che fu subito cambiato in
Francesco quando tornò il padre. La fanciullezza trascorse serenamente in
famiglia e Francesco potè studiare il latino, il volgare, il provenzale e la
musica; le sue note insieme alle sue poesie, furono sempre apprezzate nelle
feste della città. Il padre desiderava avviarlo al più presto all'attività
del commercio.»
[www.san-francesco.org]

«San Francesco d'Assisi nacque ad Assisi nel 1182 ca. e morì nel 1226.
Giovanni Francesco Bernardone, figlio di un ricco mercante di stoffe,
istruito in latino, in francese, e nella lingua e letteratura provenzale,
condusse da giovane una vita spensierata e mondana...»
[www.san-francesco.it]

Evidentemente nel corso dei secoli si sono consolidate altre leggende,
arricchendo di particolari i racconti (in effetti molto scarni e sbrigativi)
riportati nelle principali fonti.
Ireneo Bellotta, in "I santi patroni d'Italia", riassume tutti quei
particolari sull'infanzia di Francesco, ma cerca di mantenere un certo
spirito critico nei confronti degli "eccessi di devozione":

«Dal mercante di panni Pietro di Bernardone, nel 1182, nacque in Assisi
Giovanni, così chiamato per la devozione del padre verso S. Giovanni
Battista, che ebbe poi mutato il nome in Francesco, significante «francese»,
a ricordare i frequenti viaggi che Pietro faceva in Francia per commercio.
La madre, Pica, nome probabilmente indicante le «voglie» delle gravide,
dette piche, al momento del parto volle essere portata in un presepe
domestico costruito al pian terreno della casa, e il bambino fu deposto
accanto al bambino Gesù. Proprio il presepe divenne una cappella, detta
Stalletta o Oratorio di S. Francesco piccolino, sulla quale fu apposta, nel
XIV secolo una iscrizione latina: «questo oratorio fu la stalla del bue e
dell'asino: nella quale è nato San Francesco, specchio del mondo».
*** E' evidente il persistente tentativo, più volte confermato nei secoli,
di adeguare il santo allo stesso Gesù e di far corrispondere le vicende
della sua vita al modello divino.***
Francesco apprese i primi rudimenti del sapere nella scuola parrocchiale di
S. Giorgio, e dal padre ebbe nozioni elementari di provenzale.»

Bellotta sottolinea proprio il punto che creava tanti grattacapi alla Chiesa
nei decenni immediatamente successivi alla morte di Francesco: si stava
verificando un culto quasi parallelo a quello di Cristo, come se Francesco
fosse un nuovo messia. Si spiegano quindi quei provvedimenti, negli anni 60
del Duecento, che erano intesi a eliminare, o quanto meno a tenere sotto
controllo, le leggende che fiorivano spontanee su questo scomodo
personaggio.
A quanto pare, senza molto successo...

Oltre che nel testo della "prova inconfutabile" n. 32, in un suo scritto,
intitolato pomposamente «Aquisgrana in Val di Chienti fu la "sedes prima
Franciae"», Carnevale espone i medesimi concetti con parole leggermente
differenti:
«Fonti francescane riferiscono che la madre di San Francesco veniva dalla
Francia, che suo marito BERNARDONE andava spesso da Assisi in Francia per
vendervi stoffe, che per ragioni di commercio vi INVIAVA frequentemente il
figlio Francesco, che ne conosceva e ne parlava la lingua senza avere mai
attraversato le Alpi.»
Ora che abbiamo visto cosa dicono in realtà le "fonti" di cui ciancia il
Carnevale, possiamo agevolmente constatare che egli non è stato nemmeno in
grado di capire che il padre di Francesco si chiamava Pietro, e non
Bernardone. Lo ripete ben due volte. E se questo è un indicatore della sua
capacità di comprendonio, allora si spiega tutto il resto...
Si faccia caso, inoltre, che in NESSUNA versione si dice che la madre,
madonna Pica, venisse dalla Francia. Questa sarebbe proprio un'invenzione di
Carnevale. Quanto ai commerci del padre con la Francia, ne parla solo la
"Leggenda dei tre compagni", ma nelle moderne agiografie spesso si cita più
precisamente la Provenza, che era la regione più evoluta della Francia.
Tutte le fonti sono poi concordi nell'affermare che Francesco trascorse la
giovinezza ad Assisi, in allegra compagnia, e l'iniziazione al mestiere
paterno avvenne nel fondaco di famiglia. Nessuno attesta che il padre lo
portasse con sè in Francia, e tanto meno che vi venisse "inviato" da solo.
Questa è un'altra invenzione di Carnevale.
Sull'istruzione del giovane c'è poi il più completo disaccordo. Conosceva
davvero il francese? Alcuni parlano di "istruzione sommaria", di rudimenti
di francese appresi dal padre viaggiatore; altri (indulgendo un po' troppo
al pericoloso parallelo con Gesù fanciullo) ne fanno una specie di
bimbo-prodigio "istruito in latino, in francese, e nella lingua e
letteratura provenzale"!
Infine, sul nome Francesco, sovrapposto all'originario Giovanni, si
soffermano tutti gli agiografi, presumendo una gratitudine del mercante
Pietro nei confronti della terra che gli procurava ricchezza e benessere.
Invece è segnalato da Tommaso da Celano, suo contemporaneo, come nome più
che insolito, addirittura *unico*, e svincolato dalle frequentazioni
paterne: «ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua
originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo».
Il che porterebbe a concludere che, probabilmente, la persistente
convinzione che il mercante di stoffe andasse spesso in Francia (circostanza
non attestata da Tommaso e da Bonaventura) nasca dal bisogno dell'autore dei
"Tre compagni", di giustificare lo strano nome che questi diede a suo
figlio.

Carnevale, rifutando di credere che si trattasse della Francia al di là
delle Alpi, si inventa allora i viaggi di Francesco in Francia "senza aver
mai attraversato le Alpi", e spiega così la sua conoscenza del francese,
appreso... nel Piceno.
Mi soffermo un attimo sulla "logica" di queste affermazioni così...
probanti.
Prima di ogni altra cosa, ne deriva che nel Piceno si parlasse correntemente
il francese. E quale, di preciso? Lingua d'oil o lingua d'oc? Sarebbe già
sufficiente questa "sparata" per liquidare tutta la faccenda con una risata,
e finirla lì. Però... Sarò forse sadico, ma voglio arrivare fino in fondo a
questa faccenda, e sviscerarne tutta la demenzialità.
Pur prendendo per buone le leggende, e cioè accreditando Francesco della
conoscenza del francese (e/o del provenzale), Carnevale è così sicuro che
per imparare una lingua occorra proprio recarsi "in loco"? Quale bisogno
c'era di inventarsi viaggi inesistenti (ma senza attraversare le Alpi,
naturalmente! Dove sta scritto che invece attraversava l'Appennino?),
quando poteva aver imparato il francese dal padre? Se poi si inventa anche
una madre francese, si dà la zappa sui piedi, perché con entrambi i genitori
bilingui solo un bimbo particolarmente zuccone non imparerebbe il francese
:-)
E questo INDIPENDENTEMENTE da cosa si intenda per Francia, sia chiaro! E'
Carnevale che insiste nel dire che se Francesco apprese il francese senza
attraversare le Alpi, allora la Francia era nel Piceno! Impeccabile
sillogismo :-)
La verità è che tutte le notizie pervenute sulla giovinezza di Francesco,
dal XIII secolo ad oggi, sono prive di certezze "storiche". Eppure Carnevale
pretende, magari col rinforzo di un paio di invenzioni ad hoc, che esse
PROVINO qualcosa... Ma quando mai. L'unica cosa che Carnevale riesce a
provare è la sua totale incapacità di provare qualsiasi altra cosa.

Chiarito questo punto, eccoci ai Fioretti, che, dice Carnevale, "nacquero
nel Piceno".
Questa affermazione nasce dall'attribuzione (incerta) a fra' Ugolino da
Montegiorgio dell'originale latino dei Fioretti, conosciuto col nome di
"Actus beati Francisci et sociurum Eius" o anche "Floretum" (florilegio).
Opera che, è bene ricordarlo, è più tarda di un secolo rispetto alle fonti
biografiche viste più sopra: viene datata normalmente tra il 1327 el 1340.
Forse ha avuto anche un continuatore, che si pensa sia un altro marchigiano,
fra Ugolino da Sarnano, ma siamo nel campo delle pure ipotesi.
Così anche per la traduzione in volgare fiorentino (usata da Carnevale per
la sua citazione), che ufficialmente è opera di un anonimo toscano, eseguita
dopo il 1375, ma ufficiosamente è attribuita al francescano fra' Giovanni
dei Marignolli, conosciuto come scrittore di pie leggende.
Ciò che vorrebbe insinuare il Carnevale, sottolineando l'origine picena dei
Fioretti, è che i termini "Francia" e "Roma", presenti nel XIII, sono da
intendersi rispettivamente il Piceno e la città morta presso Urbisaglia,
perché, anche se per il resto del mondo quei nomi erano stati cancellati
dalla memoria, così usava ancora chiamarle la tradizione locale (di cui fra'
Ugolino era senz'altro a conoscenza, in quanto originario di Montegiorgio).

Così, quando nel Fioretto XIII si nomina la "provincia di Francia", secondo
il Carnevale si allude al Piceno, e in particolare a quella zona nella
diocesi di Fermo in cui egli colloca Aquisgrana, la Nuova Roma e la Francia
"delle origini". Dopo in traumatico declino era diventata, evidentemente,
una semplice provincia: per i marchigiani (e solo per essi), la provincia di
Francia, appunto.
Come prima osservazione, dirò che la "provincia" era allora una divisione
ecclesiastica, e non civile: e di quelle province ecclesiastiche si
conoscono assai bene il nome e la localizzazione.
Lo storico seicentesco fra' Luigi Torelli, in "Secoli Agostiniani", ci
spiega qual'era, ai tempi di Ugolino di Montegiorgio, la vera "provincia di
Francia":

«Claudio Roberto nella sua Gallia Christiana alla pagina 226 nel Cattalogo,
che egli tesse de' Vescovi della Città d'Amiens nella Provincia di
Piccardia, scrive, che nel tempo in cui era Vescovo della detta Città
Guglielmo di Matiscone, entrarono in quella nobil Patria a fondare un
Monistero di loro Religione, li nostri Padri della Provincia di Francia,
hora volgarmente detta Parisiense.»
[Tomo V, Anni di Christo 1307 - della Religione 921]

A questo punto Carnevale potrebbe obiettare che sì, nel 1307 ormai per tutti
la provincia di Francia era "diventata" la regione parigina, ma che nel
Piceno ben si ricordava come la Francia fosse nata in quelle loro lande: e
con ostinazione fra' Ugolino chiamava col nome tradizionale di "provincia di
Francia" il territorio fermano.
Ma se Carnevale avesse proseguiti la lettura dei Fioretti (o, meglio di
"Actus beati Francisci"), avrebbe notato che nel Caput LII, il marchigiano
Ugolino scrive:
«Tempore quo fr. Iacobus de Fallerono, sanctus homo, infirmabatur in loco
Molliani, in Firmana custodia et provincia Marchie...»

Qui sta parlando di Mogliano nella diocesi di Fermo, giusto a una decina di
km. dalla fantomatica "Roma" nell'altrettanto fantomatica "provincia di
Francia"...
E la *provincia Marchie* viene menzionata anche nel Caput XLVIII e nel LVII,
tanto per fugare ogni dubbio...

Venendo al contenuto del Fioretto XIII, tanto caro a Carnevale, non posso
esimermi dal confessare un certo imbarazzo nel discutere di storia e
geografia sopra un testo allegorico così irreale e fantasioso, che la stessa
Chiesa invita a leggere con un atteggiamento del tutto acritico (Samuel
Coleridge lo definiva "sospensione temporanea dell'incredulità") .
Già, perché il nostro furbo "esegeta" cita solo dei passi relativamente
innocui, omettendo opportunamente di spiegare come Francesco, infervorato di
fede dopo una preghiera, faccia levitare COL PROPRIO FIATO il grosso e
pesante fra' Masseo; e come, turbato da ciò, decida di recarsi a Roma, nella
chiesa dei SS. apostoli Pietro e Paolo, dove ha con loro un colloquio
chiarificatore...
Certamente tutto ciò ha a molto che fare con la fede, ma NULLA con la
realtà, con la storia e con la geografia. Tra i Fioretti, è forse l'episodio
più ermetico (che ha infatti scatenato infinite interpretazioni in chiave
esoterica).
Per inciso, il significato spirituale che ne dà Carnevale è uno dei più
brutti e puerili che mi sia capitato di leggere: tra le tante altre
interpretazioni che si sono succedute nei secoli, finora ne ho trovato solo
una abbastanza convincente, ma non è il caso di discuterla in questa sede.
Passo senz'altro all'analisi delle tante incongruenze della ricostruzione
"geografica" che ne fa Carnevale.

E' vero che, dalla valle di Spoleto, da dove presumibilmente i due erano
partiti, o si va verso la Francia, o si va verso Roma: le direzioni sono
infatti opposte. Di ciò approfitta Carnevale per annunciare, gongolando, che
per lui Roma e la Francia si trovano nella stessa direzione: anzi, una è
addirittura dentro l'altra! Senonché, quando alla fine i due escono dalla
chiesa dei SS. Pietro e Paolo, RINUNCIANO ad andare in Francia, com'era nei
loro propositi: «obliti ire in Franciam, sicut proposuerant primitus, ad
vallem Spoletanam cum festinatione redierunt».
Ma se la Roma di cui si parla non è quella papalina, bensì quella...
carnevalesca in Val di Chienti, in Francia c'erano già! Come si spiega
quell'obiliti IRE in Franciam?
Naturalmente non c'è alcuna logica "normale" nel testo, ma il tentativo di
razionalizzarlo da parte di Carnevale riesce solo a renderlo ancora più
irrazionale...
Il nostro tuttologo dovrebbe anche spiegare un'altra cosa, visto che scrive
"è EVIDENTE che si tratta della Francia e della Roma picene.» Dimostri
l'evidenza dell'esistenza di una chiesa intitolata ai SS. Pietro e Paolo
nella "Roma" picena. Si noti che il Caput XIII non accenna affatto ai ruderi
di una chiesa distrutta, ma dice testualmente «Cum pervenissent ergo Romam,
intraverunt ecclesiam Principis apostolorum, Petri beatissimi; et postquam
intraverunt, s. Franciscus perrexit ad unum angulum ipsius ecclesie et fr.
Masseus ad alium».
Secondo la "teoria" di Carnevale, la Roma chientina fu completamente
distrutta verso la fine del XII secolo, e i ruderi che oggi vediamo presso
Urbisaglia sono proprio i ruderi di QUELLA Roma. Benissimo, dove si trova la
chiesa dei SS. Pietro e Paolo, e perché era ancora in piedi quando Francesco
e Masseo vi fecero visita?

Un'altra spiegazione andrebbe data per il NOME. In più di un'occasione,
Carnevale cita il canto XVI del Paradiso, in cui Dante accenna alla
distruzione di Urbisaglia ("Luni ed Urbisaglia son come ite..."), ma poiché
quella sfortunata città, fino al secolo prima, si doveva chiamare Roma, egli
così lo spiega, nel suo solito cervellotico modo: «testimonia che nel 1300
era già stato riesumato il toponimo URBISAGLIA, dalla romana Urbs Salvia, le
cui rovine erano localizzate nel vicino Pian di Pieca.»
Mi ero già occupato di questa assurda idea di Carnevale, secondo la quale si
sarebbe deciso di chiamare la ex Nuova Roma col nome di una città estinta, e
pure distante una quarantina di km.
Le evidenze storico-documentali ed archeologiche parlano da sole. Urbisaglia
si chiama così dal X secolo, proprio perché costruita sul colle che domina
le rovine della romana Urbs Salvia, che è sempre stata lì dov'è ora, e non
a Pian di Pieca.
Ma il punto è questo: se nel 1300 era già stato "riesumato" un antico
toponimo Urbisaglia per "nascondere" il suo vero nome, come mai, nel 1330
circa, l'autore di Actus beati Francisci la chiama Roma? Ancora perché, da
buon marchigiano, si ostinava a usare i nomi "della tradizione"?
Allora, nel Fioretto XVIII, quando si dice :«santo Domenico, capo e
fondamento dell'Ordine de' frati Predicatori, il quale allora andava di
Borgogna a Roma..» si deve intendere che andasse a vedere le rovine della
Val di Chienti, invece che a incontrare il papa ???

Un'ultima osservazione: Carnevale approfitta anche di quest'occasione per
spacciare la sua panzana della "Urbs Aurea in comitatu Camerino", che altro
non sarebbe, per lui, che... la Roma picena. Ne parlerò più diffusamente in
altra sede, per ora si sappia che la dizione *Urbs Aurea* è una
mistificazione del Carnevale sopra un documento dell'XI secolo, nel quale si
trattava la vendita di parte del territorio di Villamagna (una delle due
"filiazioni" dell'antica Urbs Salvia: l'altra è Urbisaglia), e vi si trovano
le formule "in comitatu Camerino, infra privilegio Urbisaurea" e
"Urbisaurea infra comitatu Camerino".
Si tratta sempre di Urbisaglia, in una variante grafica inconsueta (era più
spesso scritta come Orvesalia, Orvessalia, Urbisalia), come risulta chiaro
dal contesto del documento. Nel quale il nominativo URBS non viene mai
usato, anche quando il caso lo richiede.
Il lupo Carnevale perde il pelo ma non il vizio di "truccare" ogni documento
che gli capiti tra le mani...

--
Piero F.
Horst Enzensberger
2005-07-28 21:54:01 UTC
Permalink
Post by Piero F.
Mi ero occupato largamente, nelle ultime confutazioni, della "teoria" che
riguarda la "Francia" e la "Nuova Roma": e credo di aver dimostrato, ad
abundantiam, non solo la ridicolaggine della tesi carnevalesca, ma anche le
precise ragioni della sua inconsistenza.
Sì.
Post by Piero F.
IL PICENO E' LA CULLA DELLA LINGUA FRANCESE?
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32. Ancora dopo il Mille la tradizione popolare italiana continuava a
chiamare "Francia" il Piceno: la madre di S. Francesco (1181-1226) veniva
dalla "Francia", il padre Bernardone andava spesso da Assisi in Francia per
vendervi stoffe; per ragioni di commercio vi si recava con Francesco (Fonti
francescane, Editrici Francescane, Padova- Assisi 1980 p.1956),
La citazione della pagina è stranamente esatta. Il guaio delle Fonti
francescane con le loro 2827 pagine è che consistono di sole traduzioni
(sarebbe interessante vedere il toponimo nella versione originale) e non
posso andare a cercare l'edizione nei MGH Scriptores XXV, pp. 306-307.
L'autore è Richerio di Sens, non è francescano, ma francese. Lui tratta
in maniera relativamente estesa le origini degli ordini mendicanti
iniziando con una predizione di sant'Ildegarda relativa ai mendicanti.
"Francesco ... era figlio di un uomo ricco che lo mandava frequentemente
in Francia per ragioni di commercio. Si dice che proprio da Francia
venga il suo nome di Francesco." Poi racconta la conversione, la predica
agli uccelli, il viaggio a "Babilonia" (cioè Egitto). Che un francese
possa intendere Francia come Piceno mi sembra fuori di ogni logica
elementare. Inoltre il testo diverge dal riassunto dato da Carnevale.
[...]
Post by Piero F.
Se ora mi soffermerò sulla vita di un santo, non è per devozione religiosa,
ma perché Carnevale tende a spacciare per "fonti storiche" un coacervo di
leggende agiografiche, anche piuttosto tarde.
Le Fonti Francescane citate sono consultabili anche in rete presso il sito
ufficiale della Basilica di Assisi
(www.sanfrancescoassisi.org/index.php?lang=ita > San Francesco > Le fonti
francescane biografiche), e, da quelle, poco o nulla emerge dell'infanzia
del santo.
2500 pagine di testo in rete? Non ho voglia di controllare, intanto il
libro ce l'ho davanti a me sulla scrivania (ovviamente tirato giù dallo
scaffale. Anche se recentemente mi hanno eletto socio della Società
internazionale di Studi Francescani, non mi circondo ancora soltanto di
testi francescani;-).
[ chiara esposizione delle maggiori fonti agiografiche francescane ]
Post by Piero F.
Tutto qui. Tuttavia, nelle moderne versioni della vita di Francesco
d'Assisi, si leggono notizie sulla sua infanzia, che evidentemente non
derivano da quelle primissime biografie.
«Francesco nasce ad Assisi nell'inverno del 1182 da Pietro di Bernardone e
Madonna Pica, una delle famiglie più agiate della città.
Il padre commerciava in spezie e stoffe. La nascita di Francesco lo coglie
lontano da Assisi, mentre era in Provenza, occupato nella sua professione.
La madre scelse il nome di Giovanni, nome che fu subito cambiato in
Francesco quando tornò il padre. La fanciullezza trascorse serenamente in
famiglia e Francesco potè studiare il latino, il volgare, il provenzale e la
musica; le sue note insieme alle sue poesie, furono sempre apprezzate nelle
feste della città. Il padre desiderava avviarlo al più presto all'attività
del commercio.»
[www.san-francesco.org]
Imparava anche a scrivere, ma voi si spaccierà da illetterato.
[altre fonti e bibliografia]
Post by Piero F.
Oltre che nel testo della "prova inconfutabile" n. 32, in un suo scritto,
intitolato pomposamente «Aquisgrana in Val di Chienti fu la "sedes prima
Franciae"», Carnevale espone i medesimi concetti con parole leggermente
«Fonti francescane riferiscono che la madre di San Francesco veniva dalla
Francia, che suo marito BERNARDONE andava spesso da Assisi in Francia per
vendervi stoffe, che per ragioni di commercio vi INVIAVA frequentemente il
figlio Francesco, che ne conosceva e ne parlava la lingua senza avere mai
attraversato le Alpi.»
L'invio in Francia si trova di Richerio sopra citato, il resto no.
Post by Piero F.
Ora che abbiamo visto cosa dicono in realtà le "fonti" di cui ciancia il
Carnevale, possiamo agevolmente constatare che egli non è stato nemmeno in
grado di capire che il padre di Francesco si chiamava Pietro, e non
Bernardone. Lo ripete ben due volte. E se questo è un indicatore della sua
capacità di comprendonio, allora si spiega tutto il resto...
Più esattamente si chiamava Pietro di Bernardone...
Post by Piero F.
Si faccia caso, inoltre, che in NESSUNA versione si dice che la madre,
madonna Pica, venisse dalla Francia. Questa sarebbe proprio un'invenzione di
Carnevale. Quanto ai commerci del padre con la Francia, ne parla solo la
"Leggenda dei tre compagni", ma nelle moderne agiografie spesso si cita più
precisamente la Provenza, che era la regione più evoluta della Francia.
Per essere più realisti del re: allora era ancora parte dell'impero, non
della Francia nonostante la signoria degli Angiò.
Post by Piero F.
Tutte le fonti sono poi concordi nell'affermare che Francesco trascorse la
giovinezza ad Assisi, in allegra compagnia, e l'iniziazione al mestiere
paterno avvenne nel fondaco di famiglia. Nessuno attesta che il padre lo
portasse con sè in Francia, e tanto meno che vi venisse "inviato" da solo.
Questa è un'altra invenzione di Carnevale.
Semmai la gloria di averlo inventato spetta a Richerio di Sens.
Post by Piero F.
Sull'istruzione del giovane c'è poi il più completo disaccordo. Conosceva
davvero il francese? Alcuni parlano di "istruzione sommaria", di rudimenti
di francese appresi dal padre viaggiatore; altri (indulgendo un po' troppo
al pericoloso parallelo con Gesù fanciullo) ne fanno una specie di
bimbo-prodigio "istruito in latino, in francese, e nella lingua e
letteratura provenzale"!
Siamo sempre con la Leggenda dei tre compagni (alla fine del cap. 3):
"... chiedeva l'elemosina in lingua francese. Infatti, parlava molto
volentieri questa lingua, sebbene non la possedesse bene."

[ francese ]
[ fioretti ]
Post by Piero F.
Così, quando nel Fioretto XIII si nomina la "provincia di Francia", secondo
il Carnevale si allude al Piceno, e in particolare a quella zona nella
diocesi di Fermo in cui egli colloca Aquisgrana, la Nuova Roma e la Francia
"delle origini". Dopo in traumatico declino era diventata, evidentemente,
una semplice provincia: per i marchigiani (e solo per essi), la provincia di
Francia, appunto.
Come prima osservazione, dirò che la "provincia" era allora una divisione
ecclesiastica, e non civile: e di quelle province ecclesiastiche si
conoscono assai bene il nome e la localizzazione.
provincia - custodia - domus erano elementi strutturali per gli ordini
mendicanti.

[ Torelli ed altro ]
[ fioretto XIII]
Post by Piero F.
Per inciso, il significato spirituale che ne dà Carnevale è uno dei più
brutti e puerili che mi sia capitato di leggere: tra le tante altre
interpretazioni che si sono succedute nei secoli, finora ne ho trovato solo
una abbastanza convincente, ma non è il caso di discuterla in questa sede.
Magari in un altro contesto?
Post by Piero F.
Passo senz'altro all'analisi delle tante incongruenze della ricostruzione
"geografica" che ne fa Carnevale.
Cito dalla nota nelle Fonti francescane:
"La collocazione di questa deviazione verso Roma dei due diretti in
Francia `difficilmente comprovabile cronologicamente. Ma nei Fioretti
non è la preoccupazione storico.cronologica che dobbiamo cercare, pur
ammettendo che tutti gli episodi narrati partono da uno spunto storico
reale."
[altre osservazioni calzanti]
Post by Piero F.
--
Piero F.
--
Mit freundlichen Grüßen / Cordiali saluti
Prof.Dr. Horst Enzensberger
Historische Hilfswissenschaften
Universität Bamberg
guardrail
2005-07-28 22:56:57 UTC
Permalink
"Horst Enzensberger" > ha scritto nel messaggio
Post by Horst Enzensberger
Più esattamente si chiamava Pietro di Bernardone...
Così dicono anche T.Buongiorno e Chiara Frugoni in
"Storia di Francesco" - Editori Laterza.

Pietro di Bernardone nacque ad Assisi tra il 1181 ed il 1182,
e quando nacque alla sua consorte (Giovanna?, Pica? Se ne
ignora il nome) chiamò il bambino Giovanni.
A proposito dei Tre Compagni e gli altri, ecco il riassunto:

Francesco d'Assisi morì il 4 ottobre 1226 e il 16 luglio 1228
venne proclamato santo.
Per l'occasione frate Tommaso da Celano ricevette da papa
Gregorio IX l'incarico di scriverne la «Vita», in tutta fretta.
Scelto per la grande abilità letteraria, Tommaso aveva un solo
handicap: negli ultimi anni della vita di Francesco era stato lon
tano, in missione in Germania, e per quanto si fosse documen
tato gli mancava il ricordo diretto di tante piccole cose.
Così, nel 1244, frate Crescenzio da Jesi, nuovo ministro gene
rale dell'Ordine francescano, gli chiese di redigere una seconda
biografia, e insieme domandò a tutti i frati d'inviare per iscritto
qualsiasi loro ricordo relativo a vita, morte e miracoli del santo.
Intanto tre dei più noti compagni di Francesco - frate Leone,
frate Angelo e frate Rufino - inviarono un manoscritto che racco
glieva, oltre alla loro testimonianza, anche quelle di altri compagni.
Questo testo, giunto fino a noi, è conosciuto col nome di «Leggen
da dei Tre Compagni», ma attenzione: il termine «leggenda» non
va inteso nel senso odierno di narrazione mitica, ma nel senso me
dievale di «testo da leggere».
Questo materiale servì a Tommaso da Celano per la redazione
della «Vita seconda», terminata nel 1247, che completa e talvolta
corregge la «Vita prima», che aveva finito nel 1228, subito dopo
la morte di Francesco.
Nel 1254 Tommaso si mise di nuovo al lavoro e aggiunse a que
ste una «Vita terza», in cui raccolse tutti i miracoli attribuiti a Fran
cesco. Più tardi Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale
dell'Ordine dal 1257, dopo un viaggio alla Verna scrisse una
biografia ufficiale di Francesco, la «Leqqenda maggiore», e fece
distruggere tutte le altre (ritrovate soltanto nell'Ottocento e nel
primo Novecento) per cancellare le discordanze e per dare del
santo un solo ritratto univoco: un santo dolce e mite.
Parla ancora di Francesco uno dei testi più celebri della nostra
letteratura: i «Fioretti di San Francesco», la traduzione in volgare
(così si chiamava allora l'italiano, contrapposto al latino dei dotti)
compiuta da un anonimo toscano, tra il 1370 e il 1390, degli
«Atti del beato Francesco e dei suoi compagni», redatti da frate
Ugolino di Monte Santa Maria sul finire del Duecento:
cinquantatre «episodi edificanti» della vita del santo e dei suoi discepoli.

Ciao
Guardrail
guardrail
2005-07-28 23:00:33 UTC
Permalink
"guardrail" > ha scritto nel messaggio
Post by guardrail
Pietro di Bernardone nacque ad Assisi tra il 1181 ed il 1182,
Correggo: dove ho la testa?

Il figlio di Pietro di Bernardone nacque ad Assisi tra il 1181 ed il 1182,

Scusassero
Guardrail
Piero F.
2005-07-29 11:29:26 UTC
Permalink
"Horst Enzensberger" ha scritto
Post by Horst Enzensberger
La citazione della pagina è stranamente esatta. Il guaio
delle Fonti francescane con le loro 2827 pagine è che
consistono di sole traduzioni (sarebbe interessante vedere
il toponimo nella versione originale) e non posso andare a
cercare l'edizione nei MGH Scriptores XXV, pp. 306-307.
L'autore è Richerio di Sens, non è francescano, ma francese.
Sono andato a vedere io. Ormai conosco bene la strada:-)
Vi si legge:
Cap. 17. De ordine fratrum Minorum.
Franciscus igitur, quem superius primum ordinis fratrum Minorum esse
diximus, de Assisia civitate vallis Spoletane oriundus fuit. Filius quidem
cuiusdam divitis civis dicte civitatis extitit, qui eundem Franciscum causa
mercimonii ad partes Francie frequenter mittere solebat. Unde a Francia
Franciscum nuncupatum fuisse referunt.

Dunque ho "calunniato" Carnevale, non è lui l'inventore di questa bufala :-)
Non collegavo proprio Richerio alla vita di S. Francesco, anche perché non
viene mai citato tra le fonti biografiche. Nel sito ufficiale della
Basilica, che ho citato nel post precedente, non c'è TUTTO quello che è
stato scritto sul santo, e che immagino occupi le oltre 2800 pagine del
libro, però ci sono le fonti considerate "basilari", e Richerio
evidentemente non è considerato tra queste, in quanto mostra di non
conoscere dierttamente le notizie, e riporta ciò che gli viene riferito
("referunt"). Penso che sia per questa ragione che le moderne versioni
ignorano completamente quell'accenno ai viaggi in Francia ("inviato", poi:
il che significa senza il padre, in un'età ancora adolescienziale...)
Post by Horst Enzensberger
Post by Piero F.
possiamo agevolmente constatare che egli non è stato nemmeno in
grado di capire che il padre di Francesco si chiamava Pietro, e non
Bernardone. Lo ripete ben due volte. E se questo è un indicatore
della sua capacità di comprendonio, allora si spiega tutto il resto...
Più esattamente si chiamava Pietro di Bernardone...
Sì, questo è ciò che ho riportato anch'io nelle mie citazioni, però "di
Bernardone" dovrebbe significare che a sua volta, Pietro era figlio di un
certo Bernardone. O, come accadeva spesso all'epoca, questo Bernardone era
un suo avo particolarmente noto nella sua città, e tutti i discendenti erano
così appellati nel senso di "della famiglia di Bernardone".
Ma la moderna tassonomia sembra prenda Bernardone come un cognome, tant'è
vero che leggo spesso "Pietro Bernardone", e addirittura S. Francesco è
rubricato in qualche sito come "Giovanni Bernardone"! Provare a fare una
ricerca con Google per credere...
Ciò non toglie nulla alla mia osservazione sul comprendonio Carnevale: egli
continua a chiamare Bernardone, sic et simpliciter, il padre di S.
Francesco... E non mi si venga a dire che lo chiama per cognome ;-)
Post by Horst Enzensberger
Post by Piero F.
Si faccia caso, inoltre, che in NESSUNA versione si dice che la madre,
madonna Pica, venisse dalla Francia. Questa sarebbe proprio
un'invenzione di
Post by Horst Enzensberger
Post by Piero F.
Carnevale.
Devo fare una seconda ammenda: non è invenzione del Carnevale nemmeno
questa, sebbene ciò provi che egli "peschi" ciò che gli fa più comodo dalle
più disparate e incredibili agiografie.
Sul sito www.americancatholic.org, si legge questo bel ritrattino di madonna
Pica:
*Blessed Pica Bernardone*
Though never formally beatified, Pica Bernardone is blessed in the popular
mind as the mother of St. Francis of Assisi.
Pica was a noble French lady who married the wealthy Italian cloth merchant,
Pietro Bernardone. The story is told that when she was in difficult labor
with her first child, a stranger in pilgrim's attire appeared who told her
and her husband that the child would not be born until she had been
transported to a stable. A little chapel is now built on the spot of that
stable where Francis Bernardone, now known as Francis of Assisi, was born.

It was Pica who taught Francis his faith by both her word and example. It
was she who gave him his love of poverty. And it was she who set him free
after his father had locked him up for selling his horse and his father's
cloth to rebuild a small church.
After the death of her husband, Pica went to Francis for spiritual guidance,
wore the penitential garb of the Third Order of St. Francis and devoted her
life to works of charity and piety.

Comment:
What a tightrope Pica walked! Her son and her husband were hopelessly at
odds. She watched her boy ride off to war with a pain familiar to too many
mothers. And when he returned with his dreams of glory shattered, she surely
worried about him. When he rejected his father's wealth-indeed, his father
himself-part of her surely rejoiced, for it was she who had tried to teach
him that there are more important things in the world than earthly glory.
Still, the rift between father and son must have continued to grieve her.
She is surely a friend to any parent who suffers the same perplexing
difficulty.

Addirittura una nobildonna francese! Altro che una popolana picena :-)
Chiunque sia stato a inventare questa storiella, non si è certamente rifatto
alle fonti dell'epoca, che di questa Pica (se poi è vero che si chiamasse
così) nulla sanno dire.
Post by Horst Enzensberger
provincia - custodia - domus erano elementi strutturali per gli ordini
mendicanti.
Potrebbe essere, allora, che la divisione agostiniana descritta dal Torelli,
non coincida con quella dei francescani?
Post by Horst Enzensberger
[ fioretto XIII]
Post by Piero F.
finora ne ho trovato solo
una abbastanza convincente, ma non è il caso di discuterla in questa sede.
Magari in un altro contesto?
Volentieri, aprirò a breve un nuovo thread.

Cordialmente,
--
Piero F.

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