guardrail
2005-06-30 13:58:05 UTC
Ciao Piero.
Sono appena entrato in possesso del libro "Carlomagno"
di Georges Tessier, DeAgostini, 1990.
E' un vero pozzo di informazioni per l'egregio lavoro di
liofilizzazione delle radici per l'albero delle fregnacce del
Carnevale. Se hai la possibilità di reperirlo ti accorgerai
di quanti spunti preziosi potrai trarne: sin dalla lingua utiliz
zata dal "pargolo" Carlomagno.
Se lo leggessero anche quei siti che ospitano il fregnaccia
ro credo che lo butterebbero fuori con un fracco di legnate.
Ti propongo solo un assaggio:
LA MORTE DI CARLOMAGNO
Nel periodo estremo della sua vita quando già la malattia e la
vecchiaia incalzavano, chiamato a sé il figlio Ludovico, re
d'Aquitania e unico superstite dei figli di Ildegarde, solenne
mente riuniti i grandi del regno dei Franchi, per consiglio di
tutti, lo associò a sé nel governo del regno e, dopo avergli
imposto la corona, ordinò che fosse insignito del titolo di impe
ratore e di augusto. Questa sua decisione fu accettata da tutti
i presenti con entusiasmo, sembrava infatti ispirata da Dio per
l'utilità della monarchia: la sua maestà ne risultò infatti accre
sciuta e le nazioni straniere ne provarono grande terrore.
Dopo aver rimandato il figlio in Aquitania egli stesso, benché
vecchio, se ne andò a caccia come era solito fare, non lontano
dalla reggia di Aquisgrana e, occupato in questo modo il resto
dell'autunno, rientrò nella capitale intorno alle calende di novembre.
Mentre svernava in quella città, nel mese di gennaio, fu costretto
a letto da una forte febbre. Immediatamente, come faceva di soli
to in caso di febbre, si mise a digiuno, pensando che la malattia
si potesse guarire, o almeno mitigare, con l'astinenza dal cibo.
Anche quando venne ad aggiungersi alla febbre un dolore al fian
co, che i Greci chiamano pleurite, continuò a prolungare la dieta
e a sostentarsi soltanto con rare bevande: morì dopo sei giorni
dall'inizio della malattia, dopo aver ricevuto la santa comunione,
a settantadue anni d'età, dopo quarantasette anni di regno, il
giorno 28 di gennaio, all'ora terza.
La salma, con rito solenne, fu lavata e accuratamente ricomposta,
poi fu trasportata in chiesa tra la desolazione di tutta la popolazio
ne e vi fu inumata. Si esitò molto prima di stabilire in quale luogo
si dovesse deporla, dato che egli, da vivo, non aveva dato dispo
sizioni in proposito; infine tutti si convinsero che in nessun altro
luogo avrebbe potuto trovare più degna sepoltura che in quella
stessa basilica che egli stesso aveva fatto costruire, nella stessa
città, per amor di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo e in onore
della sua santa e sempre Vergine Madre, a proprie spese.
Lì fu sepolto il giorno stesso del decesso e sopra la tomba fu innal
zato un arco ornato d'oro con una sua effigie ed una iscrizione.
Quell'iscrizione diceva così:
SOTTO QUESTA PIETRA RIPOSA IL CORPO
DI CARLO, GRANDE ED ORTODOSSO IMPERATORE,
CHE NOBILMENTE ACCREBBE IL REGNO DEI FRANCHI
E FELICEMENTE LO RESSE PER QUARANTASETTE ANNI.
MORI SETTUAGENARIO L'ANNO DEL SIGNORE DCCCXIV
INDIZIONE VII, IL QUINTO GIORNO DELLE CALENDE DI FEBBRAIO.
I presagi dell'avvicinarsi della morte furono molti e tali che non
soltanto gli altri ma egli stesso ne avvertiva la minaccia.
Per tre anni di seguito, nel periodo estremo della sua vita, furono
notate frequentissime eclissi di sole e di luna e per sette giorni si
poté scorgere nel sole una macchia di colore scuro.
Il portico, di robusta struttura, che aveva fatto costruire tra la basilica
e il palazzo rovinò improvvisamente fino alle fondamenta il giorno
dell'Ascensione del Signore.
Anche il ponte sul Reno presso Magonza, mirabile opera in legno che
aveva richiesto dieci anni di fatiche e che egli stesso aveva fatto costrui
re in modo tale che sembrava sarebbe durato eternamente, bruciò in
tre ore per un incendio fortuito, tanto che non ne rimase neanche una
trave tranne quelle protette dall'acqua.
Egli stesso inoltre, durante l'ultima spedizione in Sassonia contro
Godefrido re dei Danesi, avviatesi solo fuori dall'accampamento pri
ma dell'alba, vide una face cadere improvvisamente dal cielo con viva
luce, e solcare l'aria serena da destra a sinistra; mentre tutti si chie
devano con stupore che mai potesse significare quel fenomeno, il ca
vallo che egli montava repentinamente abbassò la testa e cadde, disar
cionandolo con tanta violenza che si ruppe la fibbia del mantello e fu
strappata la bandoliera che sorreggeva la spada. Fu rialzato dai corti
giani che avevano assistito ed erano accorsi, trovandolo disarmato e
senza mantello; anche la lancia, che prima teneva in mano, fu trovata
lontano, a venti o più piedi di distanza.
A tutto ciò si aggiunsero frequenti scosse che fecero tremare il palazzo
di Aquisgrana, e un insistente scricchiolio del soffitto negli appartamenti
in cui si tratteneva. La basilica in cui sarebbe stato seppellito in
seguito,
fu colpita dalla folgore e il pomo d'oro che costituiva il coronamento
del tetto fu divelto dal fulmine e scagliato sul tetto della residenza ve
scovile, attigua alla basilica stessa.
Vi era poi nella stessa basilica, lungo il margine del fregio che correva
all'interno tra l'ordine inferiore e superiore degli archi, un epigramma
scritto in rosso che conteneva il nome del fondatore della chiesa stessa:
nella parte finale di uno dei versi si leggeva: KAROLUS PRINCEPS.
Certuni notarono, nell'anno stesso in cui morì, pochi mesi prima del
decesso, che le lettere che componevano la parola princeps erano
diventate talmente tenui che a malapena risultavano leggibili.
Ma egli finse di trascurare tutti questi presagi, o realmente li disprezzò,
come se niente di tutto ciò potesse in alcun modo riguardarlo
(XXXI-XXXII).
Ciao
Guardrail
Sono appena entrato in possesso del libro "Carlomagno"
di Georges Tessier, DeAgostini, 1990.
E' un vero pozzo di informazioni per l'egregio lavoro di
liofilizzazione delle radici per l'albero delle fregnacce del
Carnevale. Se hai la possibilità di reperirlo ti accorgerai
di quanti spunti preziosi potrai trarne: sin dalla lingua utiliz
zata dal "pargolo" Carlomagno.
Se lo leggessero anche quei siti che ospitano il fregnaccia
ro credo che lo butterebbero fuori con un fracco di legnate.
Ti propongo solo un assaggio:
LA MORTE DI CARLOMAGNO
Nel periodo estremo della sua vita quando già la malattia e la
vecchiaia incalzavano, chiamato a sé il figlio Ludovico, re
d'Aquitania e unico superstite dei figli di Ildegarde, solenne
mente riuniti i grandi del regno dei Franchi, per consiglio di
tutti, lo associò a sé nel governo del regno e, dopo avergli
imposto la corona, ordinò che fosse insignito del titolo di impe
ratore e di augusto. Questa sua decisione fu accettata da tutti
i presenti con entusiasmo, sembrava infatti ispirata da Dio per
l'utilità della monarchia: la sua maestà ne risultò infatti accre
sciuta e le nazioni straniere ne provarono grande terrore.
Dopo aver rimandato il figlio in Aquitania egli stesso, benché
vecchio, se ne andò a caccia come era solito fare, non lontano
dalla reggia di Aquisgrana e, occupato in questo modo il resto
dell'autunno, rientrò nella capitale intorno alle calende di novembre.
Mentre svernava in quella città, nel mese di gennaio, fu costretto
a letto da una forte febbre. Immediatamente, come faceva di soli
to in caso di febbre, si mise a digiuno, pensando che la malattia
si potesse guarire, o almeno mitigare, con l'astinenza dal cibo.
Anche quando venne ad aggiungersi alla febbre un dolore al fian
co, che i Greci chiamano pleurite, continuò a prolungare la dieta
e a sostentarsi soltanto con rare bevande: morì dopo sei giorni
dall'inizio della malattia, dopo aver ricevuto la santa comunione,
a settantadue anni d'età, dopo quarantasette anni di regno, il
giorno 28 di gennaio, all'ora terza.
La salma, con rito solenne, fu lavata e accuratamente ricomposta,
poi fu trasportata in chiesa tra la desolazione di tutta la popolazio
ne e vi fu inumata. Si esitò molto prima di stabilire in quale luogo
si dovesse deporla, dato che egli, da vivo, non aveva dato dispo
sizioni in proposito; infine tutti si convinsero che in nessun altro
luogo avrebbe potuto trovare più degna sepoltura che in quella
stessa basilica che egli stesso aveva fatto costruire, nella stessa
città, per amor di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo e in onore
della sua santa e sempre Vergine Madre, a proprie spese.
Lì fu sepolto il giorno stesso del decesso e sopra la tomba fu innal
zato un arco ornato d'oro con una sua effigie ed una iscrizione.
Quell'iscrizione diceva così:
SOTTO QUESTA PIETRA RIPOSA IL CORPO
DI CARLO, GRANDE ED ORTODOSSO IMPERATORE,
CHE NOBILMENTE ACCREBBE IL REGNO DEI FRANCHI
E FELICEMENTE LO RESSE PER QUARANTASETTE ANNI.
MORI SETTUAGENARIO L'ANNO DEL SIGNORE DCCCXIV
INDIZIONE VII, IL QUINTO GIORNO DELLE CALENDE DI FEBBRAIO.
I presagi dell'avvicinarsi della morte furono molti e tali che non
soltanto gli altri ma egli stesso ne avvertiva la minaccia.
Per tre anni di seguito, nel periodo estremo della sua vita, furono
notate frequentissime eclissi di sole e di luna e per sette giorni si
poté scorgere nel sole una macchia di colore scuro.
Il portico, di robusta struttura, che aveva fatto costruire tra la basilica
e il palazzo rovinò improvvisamente fino alle fondamenta il giorno
dell'Ascensione del Signore.
Anche il ponte sul Reno presso Magonza, mirabile opera in legno che
aveva richiesto dieci anni di fatiche e che egli stesso aveva fatto costrui
re in modo tale che sembrava sarebbe durato eternamente, bruciò in
tre ore per un incendio fortuito, tanto che non ne rimase neanche una
trave tranne quelle protette dall'acqua.
Egli stesso inoltre, durante l'ultima spedizione in Sassonia contro
Godefrido re dei Danesi, avviatesi solo fuori dall'accampamento pri
ma dell'alba, vide una face cadere improvvisamente dal cielo con viva
luce, e solcare l'aria serena da destra a sinistra; mentre tutti si chie
devano con stupore che mai potesse significare quel fenomeno, il ca
vallo che egli montava repentinamente abbassò la testa e cadde, disar
cionandolo con tanta violenza che si ruppe la fibbia del mantello e fu
strappata la bandoliera che sorreggeva la spada. Fu rialzato dai corti
giani che avevano assistito ed erano accorsi, trovandolo disarmato e
senza mantello; anche la lancia, che prima teneva in mano, fu trovata
lontano, a venti o più piedi di distanza.
A tutto ciò si aggiunsero frequenti scosse che fecero tremare il palazzo
di Aquisgrana, e un insistente scricchiolio del soffitto negli appartamenti
in cui si tratteneva. La basilica in cui sarebbe stato seppellito in
seguito,
fu colpita dalla folgore e il pomo d'oro che costituiva il coronamento
del tetto fu divelto dal fulmine e scagliato sul tetto della residenza ve
scovile, attigua alla basilica stessa.
Vi era poi nella stessa basilica, lungo il margine del fregio che correva
all'interno tra l'ordine inferiore e superiore degli archi, un epigramma
scritto in rosso che conteneva il nome del fondatore della chiesa stessa:
nella parte finale di uno dei versi si leggeva: KAROLUS PRINCEPS.
Certuni notarono, nell'anno stesso in cui morì, pochi mesi prima del
decesso, che le lettere che componevano la parola princeps erano
diventate talmente tenui che a malapena risultavano leggibili.
Ma egli finse di trascurare tutti questi presagi, o realmente li disprezzò,
come se niente di tutto ciò potesse in alcun modo riguardarlo
(XXXI-XXXII).
Ciao
Guardrail